LA MIA VIA AL COLLODIO UMIDO.
LA CHIMICA DEL COLLODIO.
Il collodio o cotone-collodio, è una sostanza viscosa e trasparente derivata dalla nitrocellulosa (ottenuta sciogliendo la cellulosa in acido nitrico e solforico), successivamente diluita in varie percentuali in alcool ed etere etilici; è la medesima sostanza usata per creare cicatrici finte nel cinema, far aderire al petto gli elettrodi per l'elettrocardiogramma, oppure per spedire una palla di cannone verso le linee nemiche, visto che da esso si ricava il fulmicotone detonante.
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Il collodio in bottiglia d'epoca. |
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Le proprietà del collodio lo rendono in senso meno esplosivo, se non in termini artistici, un veicolo adatto a trattenere in sospensione idro-alcolica, una miscela di sali di iodio e bromo, gli elementi che in seguito al contatto con il nitrato di argento diventano fotosensibili.
Esistono molte ricette per la creazione di collodio fotografico salificato, riconducibili alle diverse varietà di sali alogenionici impiegati e alle percentuali dei solventi in cui essi vengono diluiti.
Le variazioni di queste ricette attribuiscono proprietà differenti al collodio sensibilizzato, come l'ampiezza della gamma tonale e l'intensità del contrasto riprodotti, la resistenza meccanica del film, la durata della conservazione e la fruibilità più o meno immediata della soluzione appena miscelata.
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Tipo particolare di Collodio salificato a diverso grado di invecchiamento.
da sx: invecchiato, in maturazione e appena preparato.
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Diversi tipi di miscele, ma anche identiche formulazioni con diversi gradi di invecchiamento, possono essere combinate per ottenere "l’emulsione" ideale da usare all'occorrenza, sia per ottenere immagini positive sia per quelle negative.
Importantissimo in questo senso è variare le condizioni del processo in base alla destinazione finale della lastra; il bagno sensibilizzante in Nitrato di Argento ha un ruolo chiave in entrambi i processi e deve essere preparato e mantenuto con molta scrupolosità; quando tutto quanto funziona correttamente, creare buoni positivi è relativamente semplice, mentre realizzare perfetti negativi al collodio è piuttosto complicato in quanto ulteriori preparazioni chimiche e passi aggiuntivi (che meritano un discorso a parte) devono essere seguiti per la corretta presentazione della lastra alla stampa, che ovviamente non perdona ogni più piccolo errore di esecuzione.
Il collodio preparato e maturato non dura in eterno, esso decade chimicamente più o meno in fretta a seconda della formulazione e dalle condizioni di conservazione, assumendo colorazioni sempre più tendenti al rosso e variando la propria "trama” verso una minor robustezza e spessore.
Quando si prepara una lastra, il collodio steso sul supporto asciuga molto velocemente essendo diluito in solventi molto volatili; durante la fase di evaporazione, si crea un film sottile e resistente che costituisce la vera e propria pellicola fotosensibile, la cui massima sensibilità è dipendente dalle corrette tempistiche di sensibilizzazione e dal giusto grado di asciugatura durante l'esposizione della lastra.
Lo sviluppo dell'immagine latente avviene in tempi piuttosto rapidi; sebbene ci siano importanti differenze per la rivelazione dei negativi, indicativamente si procede allo stessa maniera tramite un rinvenimento con una soluzione di solfato di ferro, acido acetico ed etanolo.
La formulazione cambia a seconda che si debbano sviluppare lastre positive o negative.
Il fissaggio definitivo, si ottiene con il già citato tiosolfato di sodio o nel migliore dei casi con il Cianuro di Potassio, dopodichè si decide la destinazione finale della lastra: asciugatura della pellicola e verniciatura per i positivi, e successivo trattamento (se necessario) reintensificante per i negativi.
Il processo è praticamente concluso quando le lastre asciutte e finite vengono infine protette con vernici adeguate, come quella alla gomma Sandracca, che oltre ad avere una funzione di protezione (specialmente per i negativi), dona alle immagini positive una rifinitura finale che esalta la profondità tonale delle immagini.
Il collodio fotografico funziona a tutti gli effetti come una pellicola ortocromatica a ridottissima sensibilità, assimilabile al valore odierno di ISO 1, (ristretta alla fascia dello spettro luminoso comprendente la luce fredda/blu-bianca e la radiazione ultravioletta), per questo motivo la riproduzione della scala dei grigi è solo parziale; da tener presente quando si inizia a fotografare con questo stupendo metodo.
STUDIO, ILLUMINAZIONE E CAMERA OSCURA.
Per fotografare con il collodio umido in modo tradizionale è necessario disporre di un banco ottico grande formato, meglio se antico, ma in linea di massima si può utilizzare qualsiasi fotocamera in grado di ospitare un porta lastre e un'ottica adeguata al processo.
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Antico banco ottico da Atelier di fine 800, (©matteo capaia 2014).
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Il
collodio umido, ha il grande pregio fotografico di restituire in termini di nitidezza, la massima risoluzione d'immagine che l'obiettivo è in grado di proiettare attraverso le proprie lenti; questa caratteristica è da tener ben presente per la scelta delle ottiche.
La regola ideale da seguire è quella che per ogni soggetto esiste un'ottica adatta a riprodurlo in modo corretto e soddisfacente, pena la riuscita di fotografie con dimensioni distorte, proporzioni grottesche dei soggetti, profondità di campo insufficienti e con una serie di difetti che un occhio attento sicuramente non perdonerebbe.
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Obiettivo Petzval, circa 1860.
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Ritraendo persone, per abbreviare il più possibile i tempi di posa, sia in luce naturale, sia in luce artificiale è fondamentale usare obiettivi molto luminosi; nonostante sia spesso una questione di gusto personale è consigliabile l'impiego di lenti a Schema Petzval o Anastigmatiche, entrambe con aperture massime comprese tra f3 e f4.5, valori necessari per ottenere esposizioni rapide e rendere quella profondità di campo modellante tipica dei vecchi ritratti.
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"Monsieur L."Ambrotipo 5x7" (©matteo capaia 2017)
Obiettivo Petzval da ritratto.
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"The Casting Series", Ambrotipo 5x7", (©matteo capaia 2014) Obiettivo Anastigmatico da ritratto.
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Le pregevoli ottiche rettolineari più diaframmate e gli obiettivi grande formato moderni possono essere usati senza troppi problemi, ma data la loro bassa luminosità e maggiore profondità di campo, il loro uso è consigliato per un genere di fotografia ristretto, comprendente ritratti di gruppo, riproduzione di oggetti e riprese architettonico-paesaggistiche.
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"The Plug Flower", Ambrotipo 5x7"in esterni (©matteo capaia 2017)
Obiettivo Rettolineare.
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Tradizionalmente, il Petzval è la lente da avere quando si utilizza il collodio umido e per quanto sia un obiettivo concettualmente vetusto e ricco di aberrazioni, i pregi dell'ottica superano di gran lungo i "difetti" di progetto, non appena ci si imbatte in un ritratto ben riuscito.
A patto che si rispettino determinate regole, i risultati ottenibili con questi antichi obiettivi sono ancora stupefacenti ed esteticamente inconfondibili.
Una volta scelta l'ottica, si studia l'illuminazione.
Chi ha la fortuna di poter fotografare in spazi attrezzati con lucernai, può contare sulla luce solare diretta/diffusa e, mentre chi deve usare luce artificiale deve obbligatoriamente munirsi di lampade a luce fredda a grande efficienza luminosa, in grado di fornire una fonte di radiazione ultravioletta simile a quella di un pomeriggio assolato o sereno.
Esempio di Lampade a luce fluorescente fredda.
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In entrambi i casi e a seconda del soggetto, è necessario munirsi di giusti fondali colorati, di vari pannelli riflettenti e di altrettanti dispositivi oscuranti in grado di riflettere o togliere la luce dove serve; avendo il collodio umido una ridotta latitudine di posa, queste dotazioni sono di grande aiuto per la corretta illuminazione sulla gran parte dei soggetti ripresi, specie nelle situazioni ad alto contrasto dove è richiesta la più ampia riproduzione possibile dei toni di grigio.
Infine, occorre pensare all'allestimento della camera oscura.
Occorre sperimentare diverse soluzioni, ma normalmente per la camera oscura una tipica luce rossa a bassa potenza oppure un bulbo fluorescente di colorazione giallo/arancione può andare benissimo per lo scopo, basta che non emetta radiazione ultravioletta.
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Una lampadina a Luce rossa da camera oscura degli anni trenta.
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Essendo il collodio estremamente sensibile alle condizioni ambientali entro le quali esso viene consumato, la camera oscura deve essere obbligatoriamente molto vicina al punto di ripresa ed essere adeguatamente areata.
Le variazioni della temperatura e dell'umidità atmosferica fuori dalle condizioni ideali, sono fattori limitanti la corretta esecuzione di una lastra al collodio umido, inoltre l'eventuale presenza di gas e vapori indesiderati, sia per il fotografo, sia per le chimiche in uso durante le fasi del processo, sono da considerarsi nocive per la salute che per la riuscita della fotografia.
Come già accennato, il collodio sensibilizzato deve rimanere umido.
Normalmente si ha una finestra temporale di alcuni minuti affinchè la lastra non si asciughi, dopodichè, una volta esposta, bisogna procedere velocemente alla fase di sviluppo e fissaggio che richiedono l'uso di abbondante acqua corrente.
La vicinanza della camera oscura è dunque fondamentale.
Quando non si dispone di uno spazio attrezzato, oppure si fotografa in esterni, è necessario dotarsi di una tenda a tenuta di luce, entro la quale svolgere le operazioni sopracitate.
METODO DEL COLLODIO UMIDO.
Ci vorrebbero svariate pagine per descrivere minuziosamente il processo, ma a larghi tratti esso si può sintetizzare nel modo seguente:
Preparazione della lastra
Il supporto più comunemente utilizzato è il vetro trasparente da 2/3 mm, economico e facile da tagliare.
Se disponibile, il vetro oscurato nero è un'ottimo supporto per realizzare ambrotipi positivi; purtroppo non è facile da trovare ed è abbastanza costoso.
Per creare Ferrotipi, un comune lamierino di Ferro da 1mm di spessore, può essere facilmente tagliato della dimensione voluta, ma in seguito deve essere obbligatoriamente smaltato con apposite vernici.
Dopo il taglio, il vetro deve essere molato negli gli spigoli vivi per evitare di ferirsi e per garantire un bordo ruvido necessario all’attacco del collodio.
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Molatura degli spigoli vivi.
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Per garantire la perfetta adesione del collodio sulla superficie, è necessario trattare il vetro con detergenti opportuni e sciaquarlo con acqua pura per eliminare ogni impurità.
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Pulizia e micro-molatura della superficie.
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La superficie del vetro può essere ulteriormente trattata con una soluzione di carbonato di calcio e alcool etilico, utile per creare una leggerissima abrasione superficiale che favorisce l'adesione del collodio; inoltre, per la preparazione dei vetri destinati ai negativi, è necessario trattare il supporto con una soluzione di ammoniaca e Albume.
Questa fase, detta di "albuminizzazione", è fondamentale per evitare il distacco della pellicola di collodio, durante i trattamenti specifici richiesti per il risviluppo dei negativi.
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Prova di inserimento del vetro in uno chassis moderno, tipo Fidelity.
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Dopo le suddette operazioni, si può procedere con la stesura sul collodio.
Nota: le sostanze chimiche impiegate nel procedimento sono tossiche e costituiscono un pericolo per la salute.
Onde evitare gravi conseguenze durante le varie preparazioni è imperativo prendere le necessarie cautele, leggere attentamente le schede di sicurezza delle sostanze usate e dotarsi di dispositivi di protezione individuale comprendenti guanti monouso (tipo vinile) per la manipolazione delle chimiche, occhiali protettivi per la protezione da schizzi accidentali e una mascherina filtrante certificata per polveri e vapori di solventi.
Creazione della pellicola di collodio e sensibilizzazione della lastra
La lastra viene appoggiata sulla dita e rivestita completamente dal collodio salificato nel modo più omogeneo possibile.
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Stesura del collodio a mano libera; in alternativa si possono utilizzare vassoi dedicati.
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A questo punto, il film appena creato e ancora umido deve essere immediatamente sensibilizzato in camera oscura attraverso l'immersione in un bagnetto di Nitrato di Argento a pH e concentrazione noti.
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Sensibilizzazione della lastra nel bagno di Nitrato d'Argento.
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Durante questa fase, al riparo dalla luce, gli alogenuri contenuti all'interno del collodio vengono convertiti in alogenuri di argento e il supporto diviene in alcuni minuti fotosensibile .
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Lastra Umida e sensibilizzata.
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Preparazione della macchina fotografica ed esposizione della lastra.
Una volta effettuata la sensibilizzazione, a seconda delle condizioni ambientali, si hanno alcuni minuti di tempo utile per svolgere correttamente le fasi successive del processo.
Dopo un rapido controllo della messa a fuoco, si inserisce la lastra nel dorso della macchina fotografica.
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Inserimento dello chassis nel dorso posteriore del banco ottico.
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L'esposizione viene presa scoprendo manualmente l'obiettivo fotografico, contando i secondi di posa.
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L'otturatore non serve quando i tempi di posa superano il secondo.
Si scopre il tappo dell'ottica e si tiene il tempo.
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A esposizione conclusa, si copre la lente e si procede rapidamente alla delicata fase di sviluppo.
Sviluppo e fissaggio della lastra
Questa fase è cruciale per lo sviluppo corretto dell’immagine e senza dubbio la più difficoltosa dell’intero procedimento; solo con tanta esperienza e manualità si ottengono risultati eccellenti.
Tenendo la lastra lievemente inclinata sul palmo, un volume corretto di sviluppatore deve essere rovesciato senza esitazioni lungo il lato maggiore e mantenuto per alcuni secondi al di sopra del collodio, senza che esso fuoriesca dal piano, continuamente basculato in ogni direzione affinchè lo sviluppatore raggiunga uniformemente tutti i punti della lastra.
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Rovesciamento del liquido di sviluppo sulla lastra appena esposta.
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Non appena l’immagine latente inizia ad apparire nel modo corretto, si blocca lo sviluppo con abbondante acqua.
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Lastra appena sviluppata. Se correttamente processata ed esposta si può già intravedere l'immagine
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Quando lo sviluppatore è stato rimosso completamente dalla superficie, si procede al fissaggio passando la lastra nella soluzione fino al completo dissolvimento dell'argento non esposto.
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Fissaggio dell'immagine in bacinella nera, dove è già possibile controllare la reversione dell'immagine.
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Il fissaggio dell'immagine è senza dubbio il momento più emozionante dell'intero processo, è come tornare indietro nel tempo; veder comparire una fotografia al collodio umido è un esperienza unica che non si dimentica facilmente.
Asciugatura e verniciatura finale.
Dopo il fissaggio, la lastra viene lavata abbondantemente in acqua e alloggiata in apposita sede per l'asciugatura, dopodiché si procede alla fase di verniciatura.
Storicamente viene usata una vernice alla gomma Sandracca ottenuta sciogliendo una particolare resina vegetale in alcool etilico e miscelata con olio di lavanda.
La sandracca, dopo riscaldamento a bagnomaria, deve stesa omogeneamente sopra l'immagine e asciugata a caldo tramite un fornello ad alcool.
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Verniciatura a caldo con Gomma Sandracca tramite fiamma ad alcool.
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La fase è particolarmente delicata; se non eseguita con il giusto tempismo l’alcool contenuto nella vernice può dissolvere completamente l’immagine sottostante.
Quando la vernice trasparente è asciutta, si può decidere di oscurare il retro della lastra oppure il lato dell’immagine stessa, in modo da eliminare la specularità e rendere definitivo l'effetto ambrotipico.
La verniciatura è altrettanto importante per la protezione dei negativi e per le eventuali fasi di ritocco e stampa.
A seguire alcune scansioni di lastre finite, appartenti a un progetto fotografico al collodio.
Purtroppo, la non facile digitalizzazione delle immagini su lastra rende poca giustizia alla resa unica dell'ambrotipia, che per essere apprezzata in tutte le sue particolarità ha bisogno di essere goduta dal vivo.
Vedere per credere.
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"Playing the Gramophone". Ambrotipo 13x18 (©matteo capaia 2015)
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"Monodeluxe". Ambrotipo 13x18 (©matteo capaia 2015)
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Un esempio di collodio umido realizzato in esterni, tramite camera oscura portatile:
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"A Man with A Dream", Ambrotipo 5x7" in esterni, (©matteo capaia 2015) |
Praticare questo genere di fotografia non è affatto facile.
Per concludere questo breve capitolo introduttivo al collodio umido, vorrei precisare che in questo spazio non ho la pretesa di insegnare alcunchè, ma solo il desiderio di condividere in modo dignitoso (spero), l'utilizzo del collodio umido da un punto di vista personale e di rivelare al meglio delle mie capacità le potenzialità offerte da questa tecnica, che a quasi due secoli di distanza continua a rivivere e ad appassionare persone in ogni parte del mondo.
L'uso magistrale del collodio umido richiede la buona conoscenza degli aspetti teorici e pratici del metodo e non di meno, necessita di grande costanza nella manutenzione della strumentazione e di precisione maniacale durante l'esecuzione.
L'approssimazione in questo caso, porta sempre a risultati mediocri e il collodio non perdona.
Dotarsi di santa pazienza e umiltà durante la pratica, perché prima di dominare agevolmente quest'arte, arrivano molti insuccessi, anche quando si pensa di essere finalmente arrivati.
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"L'Amour qui s'échappe", ambrotipo finito 4x5 pollici in Porta Lastre d'epoca. |
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Grazie per la visita.
©Matteo Capaia 2018